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Parks and natural reserves

Monte Mario Natural Reserve

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Fa parte dell'itinerario storico di: La Via Cassia

LA RISERVA
Estensione:  238 ettari
Sede: c/o RomaNatura, Villa Mazzanti, Via Gomenizza 81- 00195 Roma
Telefono: 06 35405350
Sito web: www.romanatura.roma.it
Accessi: Via Gomenizza 81 (ingresso principale, sede dell’Ente Regionale RomaNatura), Piazzale Maresciallo Giardino, Viale del Parco Mellini, Via del Parco della Vittoria, Via Casali di Santo Spirito, Via Colli della Farnesina, Via Edmondo De Amicis

La Riserva Naturale di Monte Mario, gestita dall’Ente Regionale RomaNatura, è la più centrale fra le riserve naturali inserite nel tessuto urbano. Quella più a ridosso del centro storico, delle sue piazze, dei monumenti, degli scorci immortalati dalle cartoline e famosi nel mondo. Sono poco più di duecento ettari di natura protetta a pochi passi dal Tevere e dal Vaticano. Un prezioso polmone verde, situato tra gli edifici dei quartieri Trionfale, Prati e Camilluccia, che si scorge già dagli affollati parcheggi del Tribunale e dal complesso della Farnesina e del Foro Italico.

Originatesi circa un milione di anni fa, le rocce che compongono Monte Mario ne fanno uno dei luoghi di Roma di maggior interesse scientifico per le sue caratteristiche geologiche. L’abbondanza di fossili è nota dai tempi antichi e già Leonardo da Vinci li studiò durante il suo soggiorno a Roma tra il 1513 e il 1516, quando in compagnia dei discepoli si recava “a cercar li nicchi a Monte Mario”. La stratigrafia presenta una potente serie di argille e marne (Marne Vaticane), con spessori di circa 800 metri, sormontata da sabbie e ghiaie fittamente alternate (Unità di Monte Mario). Si tratta di sedimenti marini di età pliocenica, che secondo i geologi rappresentano i terreni più antichi affioranti nell’area del comune di Roma. Lungo i costoni sabbiosi sono stati rinvenuti negli anni numerosi giacimenti di fossili marini, i cui reperti sono oggi custoditi nei musei paleontologici di tutto il mondo.

IL TERRITORIO
Il monte da cui prende il nome la riserva, con i suoi 140 metri di altezza, è il rilievo più imponente del sistema dei colli denominati “Monti della Farnesina”, situati nella zona nord della città, e rappresenta per le sue caratteristiche ambientali un vero e proprio mosaico di biodiversità, quale ormai raramente è possibile rintracciare a Roma, in cui la vegetazione tipicamente mediterranea si contrappone a quella submontana nelle aree più alte. Non meno interessante è l’aspetto paesaggistico della zona, da cui si gode un incantevole panorama che abbraccia tutta la città di Roma, e di cui già nel medioevo godevano i pellegrini al termine del loro cammino lungo la Via Francigena. L’intero comprensorio è di importanza strategica all’interno della Rete Ecologica cittadina, in quanto rappresenta la parte terminale del corridoio ecologico del settore settentrionale della città che, attraverso il Parco di Veio e la Riserva dell’Insugherata, connette il Tevere, le ville storiche e le zone più centrali della città alle aree agricole e naturali extraurbane.
Dal punto di vista vegetazionale si caratterizza per la notevole estensione di vegetazione arborea e arbustiva che copre gran parte del territorio. I boschi cambiano aspetto e struttura sia con il mutare dell’esposizione sia per la presenza di zone con diverse essenze favorite o piantate dall’uomo. Il settore settentrionale è caratterizzato prevalentemente da querceti in cui, accanto al leccio, trova ospitalità la sughera, mentre nello strato arbustivo sono frequenti elementi della macchia mediterranea quali l’erica, il pungitopo e il corbezzolo. Un tipo di bosco più fresco si rinviene negli avvallamenti in cui dominano querce caducifoglie come cerri e roverelle accanto a carpini neri, aceri campestri, ornielli e alberi di Giuda; nelle zone più umide trovano invece un ambiente ideale per vivere pioppi bianchi, felci ed equiseti. Lungo i versanti della porzione meridionale le formazioni a leccio e sughera sono sostituite da boscaglie di robinie e olmi e, in prossimità di Villa Mazzanti, da boschetti di albero di Giuda e alloro, elemento quest’ultimo dominante dei giardini di un tempo. Caratteristiche della riserva sono anche numerose specie tipiche delle fasce costiere che si inseriscono come arbusteti in sostituzione delle leccete. Tra queste nei versanti maggiormente soleggiati, le più significative sono la fillirea, il lentisco, il viburno, il biancospino e il cisto femmina.

Se Monte Mario è un ricco serbatoio di diversità vegetale, nonostante la vicinanza e l’invasione della città e delle sue costruzioni, la zona è popolata anche da una gran varietà di animali selvatici. Nel corso dei mesi, le specie di uccelli che frequentano l’area del parco sono molte. In tutte le stagioni si può vedere il picchio rosso maggiore, dalla caratteristica colorazione nera e bianca con macchie rosse sul capo e sulle parti inferiori, il congenere picchio verde, la ballerina bianca dai colori nero, grigio e bianco, il beccamoschino, il rampichino, la capinera e la cinciallegra. Tra le specie migratrici, presenti nel periodo primaverile-estivo, si possono incontrare la tortora, il cuculo, l’averla piccola e il gruccione, presente nelle zone più calde e inconfondibile per gli smaglianti colori giallo, ocra, verde e celeste. Tra i rapaci si può osservare durante il giorno il gheppio, che sorvola il parco alla ricerca di prede con il tipico volo con brevi battiti, lunghe soste in posizione di “spirito santo” e brevi volteggi ad ali tese e coda allargata. Di notte sono frequenti l’allocco e la civetta individuabili dai loro caratteristici e malinconici canti e d’estate anche l’assiolo, che emette il suo ripetuto e inconfondibile verso “kiuu…kiuu”. Nel parco non mancano i mammiferi: la volpe è di casa tra boschi e macchia, insieme alla donnola, all’istrice e al riccio. Di taglia più piccola sono invece il toporagno comune, la talpa, il moscardino e il topo selvatico. Inoltre, vicino a fonti di luce, spesso sfarfallano il pipistrello nano, la nottola e il pipistrello albolimbato a caccia di falene e altri insetti volanti. Infine, tra gli anfibi ricordiamo il rospo comune e tra i rettili il biacco, veloce e mordace e il più schivo saettone, entrambi non velenosi.

Ma l’interesse della riserva non è certo solo naturalistico. Al contrario, entro i suoi confini sorgono alcuni beni culturali di prima grandezza. Innanzi tutto, va citata Villa Madama, disegnata da Raffaello nel 1516-17 e considerata tra le sue prove più alte come architetto. Dopo la sua morte i lavori vennero proseguiti da Giulio Romano e quindi Antonio da Sangallo il Giovane. Oggi sede di rappresentanza del ministero degli Affari esteri, comprende splendidi giardini all’italiana e può essere ammirata solo in occasione di speciali visite guidate. Tra le altre dimore storiche che impreziosiscono la riserva c’è Villa Mazzanti, realizzata nell’Ottocento in stile neorinascimentale, oggi sede dell’Ente Regionale RomaNatura. Più difficile l’accesso a Villa Miani e Villa Stuart, attualmente di proprietà privata. Di tutto interesse è anche la seicentesca chiesa di Santa Maria del Rosario, che ha ospitato nell’attiguo piccolo convento per quasi cinque anni il compositore Franz Liszt, nonché la Villa Mellini. Eretta nel Quattrocento, ospita l’Osservatorio Astronomico con le piccole cupole argentate che spiccano nel verde della collina di Monte Mario. Vi è custodito un patrimonio librario di oltre 20.000 tomi, alcuni dei quali assai antichi, e un telescopio fisso alto 34 metri. L’Osservatorio è anche sede del Museo Astronomico e Copernicano.

LA VISITA
Situata nell’area settentrionale della città, la riserva ha i suoi principali accessi da via dei Casali di Santo Spirito, via dei Colli della Farnesina, via Edmondo De Amicis, via del Parco della Vittoria, via del Parco Mellini e via Gomenizza. Un itinerario che attraversa da ovest a est la riserva è quello con partenza dal balcone panoramico di Monte Mario, al termine della stradina che si arrampica dalla via Trionfale fino all’Osservatorio Astronomico. Da qui la vista su Roma è spettacolare, spaziando dai palazzi del quartiere Prati ai Colli Albani, con l’ampio corso del Tevere come unica pausa nella fitta scansione di edifici che ha colmato la piana alluvionale del fiume. Bastano pochi passi a piedi nel parco sottostante, però, per allargare la visuale dalla silhouette dei Prenestini al cupolone di San Pietro. Varcatone l’ingresso, ci incamminiamo nella pineta lungo un piccolo viale che offre presto altre vedute panoramiche. Dopo alcuni tornanti si raggiunge Villa Mazzanti, circondata da un bel giardino con aiuole ed un laghetto artificiale con al centro un casino rustico in stile nordeuropeo. Restaurata negli anni Novanta del secolo scorso, la villa ha un bel loggiato nel piano superiore con affreschi a tema floreale in cui sono presenti contemporaneamente piante lussureggianti ed esotiche, alberi da frutto e specie ornamentali. Passando attorno alla villa il percorso pedonale continua a scendere, per altri tornanti nel bosco oppure tagliando per le scalinate. Alcune tabelle informano su aspetti naturalistici e storici del percorso. In alcuni tratti il percorso tocca la fortificazione militare eretta alla fine dell’Ottocento, con presenza di casematte a volta. Si sbuca quindi presso un parco-giochi allestito lungo via Gomenizza, presso piazza Maresciallo Giardino. Fin qui, dalla partenza, si impiega circa un’ora di cammino comprese alcune soste per ammirare il panorama. Il ritorno è per la stessa via.

DUE CURIOSITA’
L’albero di Giuda
L’Albero di Giuda (Cercis siliquastrum), si può riconoscere facilmente per le tipiche foglie rotonde o, in primavera, per la vistosa fioritura di un colore rosa intenso. I fiori sono in genere riuniti in grappoli lungo i rami o anche lungo il tronco. Il frutto è un tipico baccello, lungo circa 10 cm, piatto, di un colore dapprima verde poi a maturità marrone e che persiste sulla pianta fino all’inverno dopo la caduta delle foglie. Originario del bacino del Mediterraneo orientale e dell’Asia sud-occidentale è spesso coltivato in città per la pregevole fioritura. Si presta per alberature nei viali e come essenza ornamentale nei parchi. Il legno è impiegato per la durezza e il bel colore rosso, in lavori di ebanisteria e al tornio. Il nome volgare fa riferimento alla leggenda secondo la quale l’apostolo Giuda, sopraffatto dal rimorso, si sarebbe impiccato su un albero appartenente proprio a questa specie: da qui l’attribuzione dei suoi tronchi contorti all’episodio, mentre i fiori rappresenterebbero le lacrime di Cristo ed il loro colore la vergogna per la perfidia di Giuda.

Il picchio verde
Schivo e mimetico con un becco a pugnale ed un verso sonoro e squillante che sembra quasi una “risata”. Stiamo parlando del picchio verde (Picus viridis). L’ambiente della Riserva di Monte Mario, caratterizzato da boscaglia alternata a radure, è infatti il luogo migliore che questo variopinto uccello può trovare nella capitale. Ancora meglio se qua e là sul terreno siano presenti formicai e tronchi morti che possono offrirgli cibo in abbondanza. Le formiche, infatti, costituiscono la gran parte della dieta di questa specie che, contrariamente alla maggior parte dei picchi, si alimenta spesso a terra, saltellando con la coda bassa e usando la lunga lingua per catturare le sue piccole prede. Animale decisamente territoriale, non tollera la presenza di altri maschi, nei dintorni. Oltre ai colori sgargianti del capo e del groppone, accentuati dalle traiettorie ondulate dei suoi voli, il picchio verde, come gli altri picchi, si fa notare attraverso i tipici segnali sonori ottenuti tamburellando sui tronchi col robusto becco, segnali ben più efficaci di quelli visivi per affermare il possesso di un territorio boscoso. Nella stagione riproduttiva i richiami si intensificano, il maschio scava il nido generalmente nel tronco di un albero, e dopo una serie di esibizioni vi guida la femmina mostrandole l’entrata. Nel nido sono deposte in genere 5-8 uova, covate sia dal maschio che dalla femmina. I giovani, una volta involatisi, rimangono comunque assieme ai genitori ancora per diversi giorni.

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