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Solfatara di Pomezia

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Nel VII libro dell’Eneide, Virgilio raccontando le origini di Roma, riporta le preoccupazioni del re Latino che prima di concedere la mano della figlia al re dei Rutuli, Turno decide di consultare l’oracolo di Fauno che gli suggerisce di dare Lavinia in sposa ad uno straniero (Enea ) che sta per arrivare.

Il re turbato dai prodigi si rivolge all’oracolo di Fauno,
il padre profetico, e consulta i divini boschi sotto l’alta Albunea,
massima tra le selve, che risuona dal sacro fonte ed esala violenti vapori mefitici”.

L’antro del Fauno e l’alta Albunea vengono localizzati all’interno della Riserva di Decima Malafede, tra i comuni di Roma e Pomezia, all’incrocio delle vie che collegavano i centri di Ardea, Lavinium ed Alba Longa, precisamente nell’area conosciuta come la Solforata di Pomezia. Si tratta di un’area del Vulcano laziale, caratterizzata dalla presenza di minerali e gas di origine vulcanica, tracce di minerali solforosi e ferrosi, dove si trovano tre piccoli laghi.

Ultimamente sono stati scoperti un santuario e due cippi del IV-III sec. a.C. che riportano la dedica alle tre fate: Parca, Maurtia e Neuna che dovevano avere sede proprio ad Albunea, accanto all’oracolo del Fauno. Alla venerazione sacrale per questo luogo, che sembrerebbe continuata anche nei secoli successivi, si aggiunse l’attività di estrazione mineraria attestata in età romana dal rinvenimento di alcuni manufatti (olle e cilindri fittili) e da Plinio il Vecchio che ricorda come lo zolfo venisse impiegato per diversi scopi tra i quali anche le purificazioni religiose. Negli anni ’70 iniziarono le attività di estrazione dello zolfo che terminarono però nel 1980, non sappiamo se per riduzione dello zolfo o se per la fuoriuscita dell’acqua di falda che creò la formazione dei tre laghetti.

La zona – visitabile con una breve escursione a piedi o in bici – ancora oggi riserva una visione spettacolare e molto suggestiva, con tre laghi di colori differenti. Sul fondo di una cava gigantesca si

estende un lago dal colore rosso, o meglio di color ruggine, dovuto alla presenza di solfobatteri, che conserva ancora i resti degli antichi impianti estrattivi. Poco lontano un piccolo lago dalle acque talmente bianche da sembrare ghiacciato e con tanti soffioni sulfurei. L’ultimo infine in cui si riflettono le gialle pareti di zolfo e al centro del quale si erge un piccolo e suggestivo faraglione.

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