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Parchi e riserve

Riserva della Valle dei Casali

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Fa parte dell'itinerario storico di: La Via Portuense

LA RISERVA
Estensione: 470 ettari
Sede: c/o RomaNatura, Villa Mazzanti, Via Gomenizza 81- 00195 Roma
Telefono: 06 35405350
Sito web: www.romanatura.roma.it
Accessi: Via del Casaletto, 400, Via di Bravetta, altezza Buon Pastore, Via Silvestri, angolo Via del Forte Bravetta

La Riserva Naturale della Valle dei Casali (gestita da RomaNatura), di non facile fruizione in quanto per la gran parte costituita da proprietà private, è situata nel settore occidentale di Roma, tra i quartieri Gianicolo, Monteverde e Casaletto. L’elemento di particolare valore di questa area, sviluppatasi a partire dall’epoca tardo rinascimentale, risiede nella conservazione dell’articolato sistema di casali – da cui il nome della riserva – di estremo interesse tipologico e storico-ambientale (ne sono stati censiti oltre 80), posti in un contesto di campagna romana costituita da coltivazioni agricole e prati pascoli che si estendono su dolci colline e che si integrano con la vegetazione umida dei numerosi fossi presenti. La valle, che ha appunto la più alta concentrazione di casali all’interno del Comune di Roma, si estende, con i suoi 470 ettari di superficie, in direzione nord-sud da Villa Pamphilj e Via Aurelia Antica fino ai monti del Trullo e al Tevere ed è delimitata ad est e ad ovest dalle strade di crinale di Via del Casaletto, Via di Bravetta e Via Casetta Mattei. Si tratta di un vero e proprio corridoio ecologico che, attraverso il Gianicolo, Villa Carpegna, Villa Sciarra e Villa Pamphilj, connette le aree più urbanizzate della città con il sistema sud-occidentale dei parchi, costituito dalla limitrofa Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi e dalla Riserva del Litorale Romano che si sviluppa lungo le aree golenali del Tevere fino alle pinete litoranee e al mare.

IL TERRITORIO
Il territorio della riserva interessa un altopiano, che arriva a lambire gli 80 metri, e una valle principale solcata dal fosso dell’Affogalasino, che riceve le acque di numerosi rigagnoli, dal Fosso di S. Passera e dal Fosso di Papa Leone. Tra le ville e i casali che punteggiano il territorio della riserva una menzione particolare merita Villa York, posta in posizione dominante sulla sommità di una collina e circondata da campi e casali agricoli. Un suggestivo esempio di villa sei-settecentesca romana – la tipica “vigna” – caratterizzata dal felice connubio tra l’uso residenziale ed agricolo. La denominazione con cui è conosciuta rimanda al Cardinale Clemente Stuart Duca di York (figlio di re Giacomo III d’Inghilterra), personaggio celebre della Roma di fine Settecento e degli inizi dell’Ottocento, che acquistò la villa dal Principe Giustiniani nel 1804. La costruzione e le successive trasformazioni furono realizzate dalle famiglie Baldinotti e Bichi Ruspoli, proprietarie tra il 1647 ed il 1750. Alla progettazione e realizzazione collaborarono artisti come Carlo Rainaldi, Antonio De Rossi, Ulisse Ciriaci. Situata nella zona più suggestiva all’interno della Riserva, veniva utilizzata soprattutto per la produzione agricola, ma contemporaneamente anche come luogo di residenza estiva dei proprietari, che vi passavano il tempo libero in splendidi giardini e raffinati palazzi. Il complesso era sicuramente singolare ed innovativo: la parte signorile con il casino era di modeste dimensioni e un viale collegava la residenza con una chiesetta, sorta su una preesistente cappella medievale dedicata a Sant’Agata, dove era anche l’accesso alla villa. Un sistema di scalinate e fontane percorreva la vallata sottostante, per concludersi in un ninfeo, tutto il resto erano campi destinati all’agricoltura. Da quegli anni, dopo vari passaggi di proprietà, la villa passò alla Federconsorzi che continuò l’attività agricola fino al secondo dopoguerra. Dopodiché l’intero complesso è andato incontro ad un lento abbandono e degrado fino ai giorni nostri. Altre ville e casali storici dell’area sono Villa Consorti, i Casali in Vicolo Silvestri, nell’area del Buon Pastore, lungo Via del Casaletto fino al complesso della Beata Vergine del Monte Carmelo e della Parrocchietta; al di là della Via Portuense si segnalano il complesso di Villa De Angelis, lungo il Vicolo Clementi e, lungo Via dell’Imbrecciato, il Casale Pino Lecce e Torre Barricello. Edificio di particolare interesse del comprensorio è l’eclettico Complesso del Buon Pastore realizzato tra il 1929 e il 1933 su progetto di Armando Brasini, punto di riferimento visivo di tutta l’area ed oggi destinato ad ospitare istituti scolastici. Continuando verso sud si incontra il Forte Bravetta, eretto subito dopo l’unità d’Italia e simbolo della Resistenza romana durante il fascismo, in quanto luogo di fucilazione dei partigiani tra il 1943 e il 1944. Dal 2009 è in consegna al Comune di Roma che lo ha adibito a parco pubblico intitolandolo alla memoria dei Martiri del Forte Bravetta, ricordati anche da una lapide commemorativa posta all’ingresso.
Nella parte più meridionale della riserva, sull’ultimo sperone della collina del monte Cucco, da cui si scorge la valle del Tevere, si eleva la Torre Righetti, costruzione cilindrica ottocentesca con funzione di belvedere e casino di caccia: è ben visibile dall’autostrada Roma-Civitavecchia all’altezza dello svincolo con via Isacco Newton. È un manufatto originale, forse unico nel suo genere a Roma, di proprietà di un tal Cavalier Righetti, che fece incidere alcuni suoi versi sulla lapide inserita al di sopra dell’ingresso. L’ampia galleria-ambulacro ed i resti di un imponente camino lasciano intuire che il luogo doveva essere spesso utilizzato per ritrovi conviviali.
Dal punto di vista vegetazionale, la forte caratterizzazione agricola dell’area, insieme alla crescente pressione antropica dovuta alla forte urbanizzazione dei territori limitrofi alla Riserva, ha condizionato l’espansione della vegetazione spontanea autoctona. Le aree residuali dei fondovalle e le aree delle collinette e dei pendii, con precedente utilizzazione agricola, sono caratterizzate da una copertura vegetazionale formata da varie specie di graminacee che si sviluppano su terreni incolti. Le aree a prato-pascolo cespugliato ed arborato ed alcune pendici sfuggite a coltura sono contraddistinte da vegetazione seminaturale, tipica della campagna romana, rappresentata per lo strato arboreo da boschetti di leccio, cerro, acero campestre e anche sughere, mentre per lo strato arbustivo da ginestra odorosa, alaterno e berretta del prete. Sia i coltivi che la vegetazione degli incolti e gli ambienti a prato pascolo si integrano con la vegetazione umida dei corsi d’acqua, caratterizzata dalla presenza di comunità a salice bianco, olmo campestre, pioppo bianco, farnia, canneti a cannuccia palustre e canneti di origine artificiale con canna comune. Sempre in zone prevalentemente umide si sviluppano siepi a prugnolo e roveti a rovo selvatico. Da segnalare la presenza di alberature di origine antropica, utilizzate per delimitare filari o per uso ornamentale, introdotte ormai da tempo e che rappresentano una caratteristica tipica del territorio romano. Tra esse pini, cipressi, cedri e palme.
La fauna presente è tipica dei sistemi agricoli e degli ambienti verdi aperti di estensione limitata e soggetti a disturbo antropico. Tra i mammiferi troviamo la volpe e la donnola, mentre per quanto riguarda i roditori si registra la presenza, dell’arvicola di Savi, del topo selvatico e del ratto nero. Gli insettivori sono rappresentati dal riccio, dalla crocidura minore e dal mustiolo. La presenza di siepi intercalate ai coltivi, ricche di frutti favorisce il rifugio, l’alimentazione e la riproduzione di diverse specie di uccelli, tra cui ricordiamo il fringuello, il verzellino, il pigliamosche, l’averla piccola e la passera mattugia. Troviamo inoltre l’allodola, la calandrella, il gheppio ed il nibbio bruno. Tra i rapaci notturni sono rinvenibili la civetta e il barbagianni, tipici frequentatori dei casali abbandonati, nonché l’allocco diffuso nelle zone boscate. In estate, provenienti dall’Africa, popolano la riserva, riempiendola dei loro voli e dei loro striduli versi, le rondini, i rondoni e soprattutto i coloratissimi gruccioni, che costruiscono il nido scavando lunghe gallerie sulle pareti sabbiose. Tra i serpenti ricordiamo il biacco e il saettone, mentre gli anfibi sono rappresentati dal rospo comune, dal rospo smeraldino, nonché dalla rana verde e dal tritone punteggiato. Si rinvengono anche molte specie di insetti, soprattutto nel periodo estivo, tra i quali, oltre a numerose farfalle, ricordiamo la lucciola, la coccinella, lo scarabeo rinoceronte, il cervo volante e la cetonia dorata.

LA VISITA
Purtroppo, l’area protetta non dispone di sentieri e percorsi liberamente accessibili. La natura privata delle proprietà rende difficile la fruizione della riserva, che pure rappresenterebbe uno straordinario polmone verde per gli abitanti dei quartieri limitrofi. Il punto di riferimento fondamentale è l’attiva Casa del Parco, che si trova in via del Casaletto 400 (poco distante dall’incrocio con via di Affogalasino). Qui si possono ricevere informazioni sui servizi della Riserva e si realizzano laboratori naturalistici, di riciclaggio creativo, teatrali, musicali, di avvicinamento alla lettura, di cucina e di cura dell’orto. Vengono inoltre organizzati corsi, eventi, dibattiti, mostre ed iniziative culturali a carattere ambientale. A pochi metri dalla Casa del Parco vi è l’ingresso di un’azienda agricola biologica dedita alla produzione di ortaggi, con relativo punto vendita di prodotti freschi e confezionati. Per il resto il visitatore si deve accontentare, per scoprire questa sorprendente campagna in città, di scorci “rubati” dalle piccole strade che la attraversano come vicolo del Conte, via di Affogalasino, Via dei Martuzzi, Via dei Buonvisi e soprattutto Via di Forte Bravetta.

DUE CURIOSITA’
Lo scarabeo rinoceronte
Lo scarabeo rinoceronte (Oryctes nasicornis) è un insetto tozzo di discrete dimensioni (2-4 cm), appartenente all’ordine dei Coleotteri, di colore castagno lucente. Il maschio si riconosce per la presenza di un vistoso corno sul capo incurvato all’indietro e inconfondibile, che conferisce a questa specie l’aspetto tipico, da cui originano sia il nome comune che quello scientifico. Sul capo della femmina, invece, è presente solo un minuscolo tubercolo. Dopo essersi accoppiate, le femmine depongono le uova in alberi cavi o nel materiale vegetale in decomposizione. La larva bianca ed incurvata a “C” con testa e zampe arancioni è dotata di forti mandibole con cui perfora il legno e, alla fine dello sviluppo larvale (2-3 anni), può arrivare a misurare oltre 10 cm.  Gli adulti compaiono in primavera inoltrata e vivono sino alla fine di agosto; durante questo periodo non si alimentano. Specie diffusa in tutta Europa, in Asia Minore, in Medio Oriente, in una parte dell’Asia centrale e in Africa settentrionale.  A Roma si rinviene con una certa frequenza, soprattutto negli ambienti boscati.

La berretta del prete
La berretta del prete o fusaggine (Euonymus europaeus), originaria del continente europeo, è una pianta cespugliosa a foglie caduche, alta fino a 2-3 metri che cresce principalmente nelle regioni a clima temperato in boschi di latifoglie e siepi. È costituita da fusti a sezione quadrangolare; i fiori, piccoli con quattro petali di colore verde pallido e odore piuttosto sgradevole, compaiono fra maggio e luglio. La specie è facilmente riconoscibile dai caratteristici frutti, costituiti da una capsula a quattro lobi, di color rosso corallo e di aspetto simile a un copricapo di sacerdote (da cui il nome comune), con all’interno quattro semi arancioni visibili a maturità del frutto in autunno-inverno. Il nome fusaggine prende invece origine dall’impiego dei fusti come fusi per filare la lana; in passato la loro elasticità veniva anche sfruttata per la preparazione degli archi. Per il contenuto di vari alcaloidi questa pianta è ritenuta velenosa e per questo i frutti, essiccati e polverizzati, venivano un tempo impiegati come insetticidi e antiparassitari.

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